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Ermeneutica diatopica

 

“Io chiamo ermeneutica diatopica, in quanto la distanza da superare non è meramente temporale, all’interno di un’unica vasta tradizione , ma il divario che esiste tra due topoi umani, ‘luoghi’ di comprensione e di autocomprensione, tra due (o più) culture che non hanno elaborato i loro modelli di intelligibilità.. L’ermeneutica diatopica parte dalla considerazione di base che bisogna comprendere l’altro senza presumere che questi abbia la nostra stessa autoconoscenza di base. Qui è in gioco l’ultimo orizzonte umano e non solo contesti tra loro differenti” (Mito, fede, ermeneutica. Il triplice velo della realtà, Milano 2000).

L’ermeneutica diatopica è un’ermeneutica che va oltre l’ermeneutica tradizionale morfologica e oltre l’ermeneutica diacronica, in quanto “assume come punto di partenza la consapevolezza che i topoi, luoghi di culture diverse, non si possono capire mediante gli strumenti di comprensione di una sola tradizione o cultura”. L’ermeneutica morfologica decifra i tesori (morphe, forme o valori) di una particolare cultura, una sola tradizione, e quella diacronica rappresenta la mediazione tra le distanze temporali della storia culturale dell’umanità ma, anche centrata, di solito in una sola tradizione di riferimento.
Cercando, tra l’altro, di superare il cerchio ermeneutico creato dai limiti di una sola cultura, l’ermeneutica diatopica tenta di “mettere a contatto orizzonti umani radicalmente diversi”, tradizioni o luoghi culturali (topoi) diversi, per giungere ad un autentico (vero) dialogo-dialogico che tenga conto delle diverse culture (dia-topos). Per questo è necessario che mythos e logos , soggettività e oggettività, il cuore e la mente, il pensiero razionale e lo spirito che vola liberamente si incontrino, infrangendo tutti gli schemi mentali rigidi (vedasi più avanti).

Raimon Panikkar

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“Scrivere, per me, è vita intellettuale
e anche esperienza spirituale…
mi consente di approfondire il mistero della realtà.”