Raimon Panikkar

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Beata semplicità
La sfida di scoprirsi monaco

 

La prima edizione di questo libro risale al 1982 (Blessed Simplicity. The Monk as Universal Archetype, New Cork), con apporti di studiosi dell’opera di Panikkar come E. Cousins, C. Tholens, M. Dardenne, A. Veilleux, M.B. Pennington y P. Soleri, Seabury. In italiano appare nel 1991 e in versione ampliata nel 2007.
Siamo di fronte a un libro particolare che, anche se include alcuni articoli pubblicati anteriormente (“The Theandric Vocation”, Monastic Studies, New York 1972 e “Letter to a Young Monk”, Living Prayer, Barre 1986), ebbe origine fondamentalmente, come ricorda l’autore nell’Introduzione, da un convegno che ebbe luogo nel 1980 a Massachussets sul tema che appare nel titolo: “L’archetipo universale del monaco”; gli interventi di Panikkar e il dialogo che segue riecheggiano nelle sue pagine, anche se l’autore è cosciente che il linguaggio parlato non è quello scritto, ed è irripetibile.
La tesi del libro è riassunta nella prima e nella seconda parte del titolo: lo sforzo di procedere nella semplicità e di ricercare una nuova innocenza ci fanno vivere in pace e crescere come persone; il monaco ne è un archetipo universale e per tanto valido in Oriente e in Occidente, ieri e oggi.
Il libro consta di tre parti precedute da un Prologo.
La prima elabora ciò che è centrale nell’“essere monaco”, non come un’esperienza umana isolata, ma come archetipo umano, o, più precisamente, uno dei modi di realizzarlo. L’archetipo monacale rappresenta la polarità tra qualcosa di diffícile e di strano e la vocazione di ogni essere umano. Panikkar parte dalla sua esperienza personale di “monaco senza monastero” e senza abito per giungere al “monaco che c’è in ognuno di noi”, colui che “aspira a realizzare il fine ultimo della vita con tutto il suo essere”, o semplicemente per ESSERE. Perciò la vocazione monastica precede il fatto di essere cristiano, buddhista, hindú, o anche “ateo”.
La seconda parte tratta della vocazione monastica al giorno d’oggi. E’ il fulcro del libro, elaborato nei “Nove sutra sul Canone del discepolo”, che parte dal principio fondamentale della semplicità: Aprirsi alla aspirazione primordiale. Primato dell’essere sul fare e sull’avere. Silenzio. Madre terra. Superamento dei parametri spazio–tempo. Coscienza transtorica. Pienezza della persona. Primato del sacro. Memoria della realtà ultima.
Nella terza parte viene descritto il monaco secondo le scritture dell’induismo.
Infine, nella quarta, appare una sintesi in forma di riflessioni articolate in quattro punti: Il modello interculturale (la Trinità). La sfida sociologica. I problemi antropologici. La sfida della secolarità.

traduzione dallo spagnolo

“Scrivere, per me, è vita intellettuale
e anche esperienza spirituale…
mi consente di approfondire il mistero della realtà.”