Raimon Panikkar

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Il silenzio di Buddha
Un a-teismo religioso



Il percorso di lettura e di studio che il libro propone si apre con una serie di preamboli (premessa, prefazione, introduzione) che dicono il lungo viaggio che il testo ha compiuto per giungere alla sua attuale stesura. A partire da un articolo di quarant’anni fa dal titolo Buddhismo e Ateismo, il testo prende forma di libro nella prima edizione spagnola (1970) e via via si modifica e arricchisce, cambiando anche titolo, nelle successive edizioni italiana (1985), inglese (1989) e tedesca (1992) fino a sfociare nel 2006 nella redazione definitiva. Il risultato di questo lungo e continuativo lavorio di rilettura e rielaborazione del testo è un’opera che espone in modo rigoroso ed esauriente gli elementi fondamentali della visione e dell’esperienza buddhista e tratta con rigore e onestà intellettuale uno dei temi più importanti per la sensibilità contemporanea, quello dell’ateismo religioso.
Il libro si compone di tre parti indipendenti e interrelate, trattate cioè ciascuna in modo autonomo e compiuto, così da poter essere letta come un testo a sé, e che nello stesso tempo si richiamano e si integrano a vicenda. Nella prima parte “Il problema” si prendono in considerazione diversi punti di vista (spesso correlati di giudizi categorici) da cui il buddhismo è stato osservato in Occidente, per catalogarlo, di volta in volta come una forma di cinismo, nichilismo, agnosticismo, pragmatismo, ateismo…, vale a dire tutte categorie tipiche del pensiero occidentale che mal di adattano a un fenomeno “religioso” come il buddhismo che, certo ha valenza universale ma altrettanto innegabilmente utilizza strumenti ermeneutici “orientali”. O per meglio dire, che utilizza necessariamente tali strumenti al fine di trascenderli, come l’Autore sottolinea affrontando il tema, decisivo per il proposito del volume, dell’apofatismo: “La ragione ultima del silenzio del Buddha non ci sembra risiedere nella limitazione insita in ogni soggetto umano, né nell’imperfezione della nostra conoscenza, né nel carattere misterioso, nascosto della realtà. Per dirlo in breve, la ragione ultima ci pare poggiare sul fatto che la realtà ultima non è”. Per dar conto della visione buddhista l’autore si affida ai testi originali, a partire dalla formulazione che corrisponde alla messa in moto della ruota del Dharma, ovvero all’inizio dell’avventura del buddhismo nella storia umana, così come è esposta nel Dammachakkapavattanasutta.
Tutta la seconda parte “Testi”, è consequenzialmente dedicata alla citazione e al commento di testi originali tradotti per l’occasione dall’Autore, alcuni molto famosi, altri inediti in italiano. Si tratta di testi relativi a quattro argomenti considerati dall’Autore come i fondamenti dello specifico buddhista: la non sostanzialità ontologica o non ipostatizzazione di alcun principio indentitario definitivo (âtman), il nirvâna, la concatenazione causale originaria costitutiva (pratîtyasamutpâda), il silenzio di Buddha sui quesiti metafisici (avyâkrtavastûni) che prefigura quello che sarà lo sviluppo successivo della particolare logica buddhista mâdhayamaka, che non si fonda sul principio di non contraddizione: “La ragione profonda ci sembra risiedere non nel disconoscimento da parte del buddhismo delle leggi logiche del pensiero, ma nel non volere identificare il pensiero con l’essere”.
L’ampia terza parte, “L’ermeneutica” tratta del significato che il buddhismo può assumere nel mondo attuale e nelle problematiche più urgenti per la sensibilità della coscienza contemporanea. Dalla constatazione di una crisi epocale e globale, che nessuna religione o visione del mondo è in grado di affrontare in modo autonomo e isolatamente, discende la conclusione che è possibile, anzi indispensabile, che ogni religione particolare sviluppi e approfondisca il proprio carisma non come rivendicazione di superiorità esclusiva, ma come contributo unico a una problematica esistenziale e spirituale che coinvolge l’intero genere umano e il suo destino. Una visione molto cara all’Autore, che in quest’opera si esprime come analisi di due tematiche tipiche del buddhismo: l’ateismo religioso e il silenzio come metodologia espressiva. L’ateismo religioso non è la semplice contrapposizione a tutte le forme più o meno surrettizie del teismo, né l’affermazione della non esistenza di Dio. È, almeno nel caso del buddhismo, una forma raffinata di religiosità, purificata da ogni ombra di idolatria, estremamente vicina alla sensibilità intellettuale cosiddetta post-moderna. Il silenzio non è la soppressione del suono e della parola, ma la condizione dell’ascolto e l’origine e il destino della parola stessa. Il libro termina con un’analisi di diversi aspetti del silenzio che potrebbe costituire un testo a se stante.
Una ricca e preziosa bibliografia e un ampio apparato di note conferiscono al volume un valore di primo piano anche nell’ambito delle opere di divulgazione scientifica del buddhismo.

Jiso Forzani

 

“Scrivere, per me, è vita intellettuale
e anche esperienza spirituale…
mi consente di approfondire il mistero della realtà.”